IL PORTO DELLO SPECIAL ONE
Aggiornamento: 27 ott 2020
Contesto
Sono trascorsi poco più di 16 anni dalla meravigliosa notte in cui i Dragões si laurearono campioni d’Europa per la seconda volta. Il tempo è volato via celere come sempre, ma mai come in questo periodo il Mondo lo ha decisamente superato. Nel 2004 Mark Zuckerberg aveva appena creato Facebook, Internet era qualcosa da nerd, Saddam Hussein il nemico e nel vecchio Continente imperava la cieca convinzione che, finalmente, l’Unione Europea avrebbe realizzato il sogno d’unità inseguito sin dalle imprese di Cesare. Il nostro vivere è cambiato, noi siamo cambiati ed ovviamente lo è anche il calcio.
Alla Veltis Arena di Gelsenkirchen va in scena la finale più inattesa nella storia della Champions, tra due squadre che cavalcano con immensa naturalezza l’onda del destino. Il Monaco di Deschamps ha appena chiuso il campionato francese al terzo posto ma sinora in Europa non ha sbagliato un colpo, il Porto si è laureato da poco campione nazionale bissando il successo dell’anno precedente e sembra perfettamente padrone di sé. La gara si preannuncia equilibratissima, nessuno può prevederne l’esito o meglio qualcuno c’è: è un allenatore emergente che sta per scrivere la storia del calcio. Si chiama José Mourinho, ma da qui a breve diventerà per tutti semplicemente lo Special One.
Mou
Il nativo di Setúbal inizia la sua carriera da aspirante allenatore ancora giovanissimo. A soli 24 anni abbandona definitivamente ogni velleità di difensore ed ottiene la panchina degli allievi del Vitória, squadra della sua città nella quale aveva militato suo padre Félix, discreto portiere divenuto poi anch’egli tecnico. Inizia l’anno successivo l’apprendistato come assistente, prima all’Estrella Amadora, poi allo Sporting Lisbona. Nasce qui un rapporto di profonda stima ed amicizia, quella che si instaura tra allievo e maestro, con Bobby Robson, leggenda del calcio inglese. Sir Bobby ha guidato i tre leoni dall’82 a ’90, assistendo dal campo alla mano de Dios e al goal del siglo e centrando la semifinale mondiale in Italia. Ha alzato trofei un po’ ovunque, tra essi spiccano l’FA cup e la coppa UEFA alla guida dell’Ipswich Town. Non a caso a *Portman Road è stata eretta una statua in suo onore. Il ragazzo lusitano lo seguirà in qualità di vice ed interprete, prima al Porto, poi al Barcellona vincendo 6 trofei in tre anni. Giunto in Catalogna Louis Van Gaal, manterrà il suo ruolo per altri 2 anni conquistando la Liga entrambe le volte. La chance per muovere i primi passi da solo arriva dal Benfica, ma si dimetterà dopo solo 4 mesi in seguito al cambio di presidenza. Sarà scelto allora dall’União Leiria, ed anche stavolta abbandonerà la squadra al giro di boa del campionato, non resistendo alla chiamata dei Biancoblù. Porterà con sé il bomber brasiliano Derlei e chiuderà la stagione terzo qualificandosi per la Coppa UEFA che, poi, alzerà al cielo.

La Squadra
José dopo l’ottima stagione 2002-03 cerca di rinforzare la squadra nei punti nevralgici. Il portiere titolare è Victor Baía, intoccabile leggenda del club. La difesa è coriacea e tutta portoghese, con due ottimi centrali quali il giovane Carvalho e il capitano Jorge Costa; Mou sceglie il giovane Bosingwa per darle nuove alternative. A centrocampo compra dal Guimarães il volante Pedro Mendes che affiancherà Maniche; saranno fondamentali per il suo gioco di ripartenze. Infine in attacco acquista il giovane prospetto brasiliano Carlos Alberto dalla Fluminense e il sudafricano Benni McCarthy dal Celta Vigo che sarà capocannoniere della Primeira Liga con 20 goal. Ma il più importante merito dello Special One è sicuramente l’aver trasformato un giocatore mediocre, relegato ai confini del grande calcio, in un protagonista assoluto dei palcoscenici mondiali: Deco. Il Brasiliano naturalizzato Portoghese dal carattere fumantino (capace di 17 cartellini gialli in una sola stagione) è sempre stato alquanto carente dal punto di vista mentale, dedito, fuori dal campo, a frivolezze ed accessi. Mou lavora da fine psicologo sulle sue debolezze accrescendone la consapevolezza nei grandi mezzi tecnici. Presto gli consegnerà le chiavi del centrocampo e della squadra tutta.
La Tattica
La squadra si dispone sul campo con un 4-3-1-2 a diamante con Deco trequartista.
José è uno dei primi allenatori ad avvalersi della match analisys, studia a fondo gli avversari e chiede di volta in volta aggiustamenti ai suoi reparti. Le basi sono comunque solide ed invariate. Difensivamente lo Special One richiede alla squadra compattezza, soprattutto Costinha ha il dovere di abbassarsi e rientrare nei momenti di pericolo. La linea deve cercare di rimanere alta sfruttando il fuorigioco, cosa che però non riesce sempre a causa dell’inesperienza di Carvalho. Il giovane infatti spesso si disinteressa delle disposizioni in campo e viene attirato dall’uomo che marca stretto. I due terzini devono saper giocare la palla, e in maniera sincrona alto-basso, stretto-largo: se uno attacca l’altro deve difendere. Lo stesso discorso vale per Maniche e Pedro Mendes, ovvero, se l’uno attacca l’altro copre e protegge lo spazio creatosi. Devono essere continuamente pronti al ‘box to box’, quindi in condizione fisica eccelsa. In aiuto viene l’ossessione di Mourinho per la sport science: studia programmi di allenamento con diversi carichi per ottenere picchi di forma nei momenti clou della stagione. In attacco Deco è ovviamente il jolly che ha il compito di inventare ed illuminare, ma non è esente dalla fase difensiva. Si nota facilmente che spesso indietreggia posizionandosi tra i due ‘volanti’ coprendo le linee di passaggio. Il pressing è asfissiante sui portatori di palla lenti, cercando così di sfruttare sempre le debolezze avversarie. I tre attaccanti titolari hanno il compito di far salire la squadra, venire in contro ai centrocampisti in possesso di palla e appoggiare la sfera a Deco o scaricarla sulle fasce. Derlei, in virtù del suo più marcato dinamismo, ha però maggiore libertà nell’attaccare gli spazi. La coordinazione tra i reparti è fondamentale, il movimento fluido e la compattezza fanno la differenza tra il trionfo e l’anonimato.
Le notti europee
Girone
Nell’urna di Nyon i Dragões pescano un girone per nulla semplice: il Real dei Galacticos, l’ottimo Olympique Marsiglia e il mai domo Partizan Belgrado. Si inizia con un pareggio sul difficile campo serbo, dove l’atmosfera sa essere sempre incandescente, quasi dipenda dall’esito della partita la vita d’ogni tifoso presente. La successiva sfida vede i Portoghesi ospitare il Real di Ronaldo Nazario e compagni. Il Porto va subito in vantaggio, ma alla lunga viene fuori la classe degli Spagnoli che ne segnano 3. Ultima sfida del girone d’andata dunque contro il Marsiglia di Dieder Drogba. E’ proprio il fuoriclasse ivoriano a portare i suoi sull’1 a 0, ma la squadra di Mourinho proprio come la *città che rappresenta ha uno spirito invinto. La rimonta porta le firme di Maniche, Derlei e Alenichev. Il guizzo di Marlet serve a poco, i Lusitani portano a casa i 3 punti. La 4ª giornata è quella del rematch contro i francesi. Anche stavolta i Biancoblù ne usciranno vincitori, 1-0. Il faccia a faccia con il Partizan nell’ultimo scontro europeo al *das Antas potrebbe già significare qualificazione. E’ la serata di McCarthy che mette a referto una doppietta, complice la difesa serba tutt’altro che perfetta. Gli Slavi segneranno negli ultimi minuti il goal della bandiera, ma i padroni di casa reggono. Nel frattempo il Marsiglia perde in casa 1-2 contro i Blancos, la qualificazione è centrata. L’ultimo capitolo del girone si chiuderà con un pareggio indolore in un Bernabeu letteralmente allagato.
Ottavi
Passato il girone secondo, il Porto trova sulla sua strada il fortissimo Manchester United di Sir Alex Ferguson. Alla vigilia tutti si aspettano una carneficina e al 14’ del primo match il goal del Sudafricano Quinton Fortune avvalora tale tesi: 0-1 United. Ma sarà un altro Sudafricano a scrivere la storia allo Estadio do Dragão. Benni McCarthy riceve un cross di Alenichev e in girata batte Howard: 1-1. Non è finita qui. Al 78’ il terzino Nuno Valente si inventa un cross meraviglioso dalla trequarti sinistra, Benni lo impatta alla perfezione: goal. La partita si chiude così sul 2-1, tutto rinviato al ritorno. All’Old Trafford è una di quelle notti in cui se si ha una minima défaillance si rischia di vanificare tutto prendendo la più classica delle imbarcate. Ma Mourinho e i suoi sono troppo scaltri, troppo convinti, troppo vogliosi per cadere nel tranello del contesto. Scholes porta in vantaggio i Red Devils ma i *Tripeiros così come ben suggella un loro tipico *detto continuano a lavorare. Al 90’ le speranze di qualificazione sono tutte nei piedi del solito McCarthy che sta per battere un buon calcio di punizione. Il portiere rinvia, ma nei piedi di Costinha che tutto solo spedisce la sfera in rete. All’ultimo secondo il Porto trova il più dolce dei pareggi. Se la partita di Madrid aveva dato consapevolezza questa ha portato un entusiasmo e una carica irrefrenabile. Sì, si può andare a vincere.

(Mourinho non riesce a trattenere lo scherno nel suo ghigno appena prima di stringere la mano a Sir Alex)
Quarti
Sarà il Lione campione di Francia il prossimo avversario. L’andata in casa dimostra che Juninho e compagni non sono stati sottovalutati, il 2-0 rassicura gli animi. Allo Stade de Gerland i ragazzi portoghesi segnano per primi chiudendo di fatto la pratica. A poco servirà la reazione francese e il conseguente pareggio, il Porto andrà nuovamente in vantaggio con un goal in contropiede di Maniche e l’ennesimo rigurgito d’orgoglio transalpino non cambierà nulla.
Semifinale
Il Deportivo la Coruña viene da due imprese che hanno poco a che fare con il mondo della logica. La Juventus di Lippi è uno schiacciasassi, decisamente tra le favorite alla vittoria finale. Gli Spagnoli li liquidano con due secchi 1-0. Se ciò non bastasse eseguono una vera e propria sinfonia contro il Milan campione d’Europa in carica. Perdono 4-1 all’andata ma riescono a risorgere dalle ceneri vincendo incredibilmente 4-0 in casa. Una squadra che supera indenne tali ostacoli diviene solitamente un’onda inarrestabile, ma il Porto si dimostra ancora una volta un muro tatticamente perfetto. Limitano i danni in casa imbrigliando i Coruñeses. La gara termina 0-0, si deciderà tutto al Riazor. Lo stadio del Depor si era dimostrato sin lì un vero e proprio fortino per gli Spagnoli, ma al 57’ compiono un plateale fallo in area di rigore. Collina non ha dubbi, fischia a cuor leggero. Sul dischetto si presenta Derlei. Il Brasiliano ha sulle sue spalle tutta una città, ma appare assolutamente calmo e concentrato. Calcia col destro ad incrociare, il portiere sfiora ma non basta, il goal invece basterà per vincere. Si vola in Germania!
Finale
Siamo giunti finalmente all’epilogo di questa incredibile cavalcata. L’avversario come anticipato sarà il Monaco, votato all’attacco, di Giuly e Morientes, squadra più prolifica della competizione con 27 reti. I Monegaschi hanno superato la Lokomotiv Mosca, il Real Madrid (con una prestazione che merita un articolo a parte) ed infine il favorito Chelsea. A Gelsenkirchen le due squadre scendono in campo aspettandosi sicuramente una sfida combattuta e, anche se il risultato dice il contrario, in effetti lo sarà. Sono i sudditi a fare la partita ma al 27’ perdono il loro leader tecnico Giuly. Al 39’ con un cross innocuo in area i Portoghesi trovano il vantaggio grazie alla rapidità di Carlos Alberto. Un rimpallo fortunoso lo aiuta ma il tiro seguente è una perla. Il secondo tempo è un assedio biancorosso, sanno di dover trovare il pareggio al più presto. Mourinho però è maestro in questo tipo di situazioni e lo dimostrerà varie volte nella sua carriera. Fa coprire ai suoi gli spazi al meglio, limita le verticalizzazione degli avversari, e anche grazie a qualche svista della terna arbitrale (due fuorigioco molto dubbi) conserva il risultato. All’ennesima arrembata del Monaco il Porto risponde con un rapido contropiede, Deco è solo in area, deve solo calciare come sa. È la pietra tombale sulle speranze monegasche. Ci sarà tempo anche per la rete di Alenichev che metterà in quel tiro, solo davanti al portiere, tutta la voglia di vincere della sua squadra. Il sogno si è avverato, Il Porto è campione d’Europa.

Il tempo e il calcio
Si corre. Oggi si corre come trottole impazzite alla ricerca d’un impegno, d’un compito che sedi l’incessante scorrere del tempo. Serve un calmante, un freno che devii il pensiero dalla dilagante perdita di controllo del nostro divenire. E’ doveroso e piacevole talvolta trovare il coraggio di fermarsi, osservare la realtà che rapida ci abbandona, soffermandosi sul senso delle nostre azioni e del nostro sfuggire. Il Porto è l’ultima squadra che ha superato i ritmi infernali del capitale consegnando a noi posteri un’oasi dove poter arrestare la corsa. Un luogo dove, ancora prima dei soldi dell’Abramovich o del Barcellona di turno, poter ricordare e sperare che le idee, l’organizzazione ma soprattutto il cuore possano ancora una volta prevalere sulle logiche del potere. Lunga vita al Porto. Lunga vita all’impossibile.
*stadio dell’Ipswich.
*città invicta. Si narra che non sia mai stata sconfitta in battaglia dalla sua fondazione ai tempi dei Romani. Capeggia anche nello stemma sotto il drago la suddetta parola.
*vecchio stadio abbattuto nel 2004.
*Coimbra canta, Braga prega, Lisbona si diverte, Porto lavora.
*nome degli abitanti di Porto, si narra che nel 1415 per finanziare la conquista di Ceuta la città abbia venduto tutta la carne di scorta conservando solo la trippa. A trippas a moda do Porto è, non a caso, il piatto più famosa in città.